Cookie Consent by Free Privacy Policy website Mostra collezione Museion a cura di Francesco Vezzoli
febbraio 01, 2016 - Museion

Mostra collezione Museion a cura di Francesco Vezzoli

Museion, piano terra: tende di velluto bordeaux si aprono su un grande wall paper, una gigantografia da una veduta di Roma di Giovanni Paolo Pannini, che immerge Passage nelle atmosfere di una quadreria settecentesca. Negli ampi spazi del quarto piano reperti antichi “sfilano”, in un’immaginaria gliptoteca, sullo sfondo i maestosi paesaggi montani del Catinaccio/Rosengarten e della Mendola. Sui piani centrali del #museo cornici storiche dorate, finemente dipinte a trompe l’oeil, incorniciano quadri e fotografie della collezione. Sono le impressioni di #museion #museion, il progetto espositivo d’eccezione di Francesco Vezzoli, che apre la stagione mostre 2016 del #museo d’arte contemporanea di Bolzano. Tra gli artisti italiani più affermati a livello internazionale, Vezzoli cura, in veste di guest curator, una mostra sulla collezione del #museo e presenta, come artista, la prima retrospettiva della sua produzione scultoria. A #museo #museion sono dedicati tutti gli spazi della casa.

 

L’artista, che ha rappresentato tre volte l’Italia alla Biennale di Venezia (2001, 2005, 2007), è noto al pubblico, anche non esperto, per le sue opere in cui ha coinvolto star del calibro di Lady Gaga, Milla Jovovich e Sharon Stone, ma anche icone cinematografiche e popolari da Valentina Cortese a Barbara Bouchet. Tra le ultime collaborazioni quella con il musicista Rufus Wainwright per “Prima Donna, A Symphonic Visual Concert” con la partecipazione di Cindy Sherman.

Tocco ironico e sferzante, conoscenze vaste e filologiche, dialogo costante con la storia – dell’antichità, del cinema, del potere, delle immagini: nella sua #arte Vezzoli, l’anarchico Vezzoli, ama scardinare sistemi di valori inveterati. Messo al lavoro a #museion, che definisce “un’astronave tra le montagne”, l’artista ha immaginato un progetto che “potesse incuriosire anche il visitatore locale.” Punto di partenza una condizione d’eccezione, un apparente contrasto “quello tra una realtà di provincia e l'identità priva di compromessi di #museion, tra le istituzioni con il programma più sperimentale in Europa, ma in una realtà socio-geografica molto piccola” - così Vezzoli sul suo invito a Bolzano. In un gioco di slittamenti, conversazioni e sovrapposizioni tra passato e presente, nascono quindi le due mostre di “Museo Museion”, che un allestimento imponente e raffinato fa vivere e percepire come un’unica, grande installazione.

 

 

Museo #museion: la mostra sulla collezione

In un cortocircuito storico-artistico, l’artista ha riletto una parte della collezione Museion mettendola in dialogo con i capolavori della storia dell’arte occidentale, conservati in musei europei e statunitensi.

Le cornici di celebri quadri di Michelangelo, Raffaello, Caravaggio, Ingres e molti altri, sono dipinte su foglia d’oro a trompe - l'œilintorno alle opere della collezione #museion. Nella selezione Vezzoli ha posto una particolare attenzione a lavori minori o poco esposti delle raccolte museali: accanto ad opere di Andy Warhol, Nan Goldin o Michelangelo Pistoletto, troviamo quindi ritratti di Albert Stolz e di Ernst Nepo, o un paesaggio di Karl Plattner. Nell’accostare a questi lavori le cornici antiche dei capolavori, Vezzoli ha suggerito dialoghi e collegamenti tra opere che in alcuni casi sono formalmente vicine, mentre in altri rimangono distanti, sia nel tempo che sul piano concettuale.

“In molti casi c’è un abbinamento antinomico o per ossimoro, in altri no. Direi che in questa mostra la vera opera d’arte sono le didascalie… il ritratto di un pittore locale incorniciato dalla cornice del ritratto della Contessa d' Haussonville di Ingres, è un po’ come l’astronave nel deserto, come avere un #museo in provincia che fa mostre sofisticatissime. Un ribaltamento, che poi è quello che ho sempre cercato nel mio lavoro.” - così l’artista sull’operazione messa in atto a #museion.

 

Le conversazioni visive – tra opere, forme, contenuti e musei - sono quindi soprattutto emotive e sentimentali. Il visitatore riceve informazioni sulle opere esposte, le cornici e il dipinto a cui appartiene, ma non è vincolato da letture univoche, anzi, è stimolato ad apporre le proprie cornici virtuali alle opere.

La mostra, che presenta ventisette lavori tra dipinti, fotografie e installazioni, è scandita in un percorso tematico attraverso i generi classici - ritratto, autoritratto, natura morta, paesaggio, etc. In ogni sezione sono presenti anche opere dello stesso Vezzoli (tredici in totale). Gli spazi della Collezione studio ospitano invece una speciale sezione dedicata alla grafica. Nell’organizzare il percorso espositivo, l’artista è intervenuto anche sull’architettura: al terzo piano pareti bianche chiudono la vista sulle vetrate e il paesaggio circostante. Nasce così uno spazio concluso - quello che gli esperti definiscono “white cube” - un non-luogo, in cui la collezione #museion è proposta in un’atmosfera sospesa e senza tempo.

 

 

Museo #museion: la mostra delle sculture

Il gioco di associazioni e decostruzioni tra epoche e linguaggi diversi si riflette anche nella mostra delle sculture. Reperti antichi, messi in dialogo con nuove produzioni dell’artista, sfilano su una scenografica pedana bianca, che percorre il quarto piano in tutta la sua lunghezza. Diciannove i lavori esposti, nati tra il 2011 e il 2016, tra cui la nuova opera creata per l’occasione BI (A Roman Marble Janiform Herm Head, circa 2nd Century A. D.), 2015.

Il tocco ironico e spiazzante di Vezzoli prende forma in rielaborazioni critiche e ludiche della tradizione classica romana del ritratto, spesso accompagnate da un fatto della storia o della mitologia, che ha un’attinenza con la sua biografia. Così nella statua autoritratto “Antique not Antique: Self-portrait as a Crying Roman Togatus” (2012), che si rifà all’uso di cambiare solo la testa e lasciare il torso nelle statue romane dei magistrati togati o in “Self-Portrait as Emperor Hadrian Loving Antinous” (2012). Qui il riferimento, ironico e malinconico, è al legame sentimentale dell’imperatore Adriano verso il giovane greco Antinoo e quindi alla fragilità e sottomissione amorosa dell’uomo di potere romano. Il gioco tra ritratto e autoritratto, reperto antico e nuova produzione, genera dunque tensioni ambigue, ma anche divertite, come in “Satire of a Satyr”, 2011.

In altre serie di opere l’appropriazione del reperto avviene attraverso l’applicazione della policromia. Così succede, ad esempio, con i busti di marmo della serie “True Colors” dei primi secoli dopo Cristo, a cui Vezzoli ha restituito il colore. Nella sua produzione scultoria l’artista ha corso infatti il rischio di intervenire con il colore su opere storiche. Il suo tocco si inserisce negli interstizi di un’ipotesi, in base a una congettura fantastica, ma fondata: Vezzoli si è servito infatti di consulenze archeologiche sulla policromia della statuaria antica. Studi scientifici inconfutabili, che a prima vista vanno contro la lettura generalmente accettata, frutto di un’eredità del Rinascimento e poi del gusto neoclassico, che vede nel bianco delle statue antiche l’espressione di perfezione e classicità.

L’estro dell’artista non si rivolge solo a soggetti dell’antichità, ma anche a capolavori moderni e miti contemporanei, come la figura dell’attrice Sofia Loren, trasformata in una musa di de Chirico, che, presente in due esemplari in mostra, apre e chiude idealmente la teoria delle sculture. “Focalizzare la mostra sulla #scultura promette un’azione espositiva tra le più estreme che Vezzoli potesse concepire in questa fase del suo lavoro” – così Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese a Roma, nel suo contributo per il catalogo della mostra. “Per #francescovezzoli non si tratta di scegliere tra una modalità canonica e una modalità eccentrica di narrare la storia dell’arte, ma piuttosto di aprirsi a una molteplicità di mondi e storie dell’arte, in una dialettica continua.” - così Letizia Ragaglia, direttrice di #museion.

 

È parte della mostra un ricco programma di eventi collaterali: si comincia il 18/02 con la visita guidata dell’artista a #museion e si prosegue con diversi incontri di approfondimento con esperti.

 

In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo trilingue (ita/dt/eng) edito da Mousse Publishing con testi di Anna Coliva, Cerith Wyn Evans, Letizia Ragaglia, Dieter Roelstraete e un’intervista a #francescovezzoli di Cristiana Perrella.

 

Francesco Vezzoli (Brescia, 1971)
studi alla Central St. Martin’s School of Art di Londra. Il suo lavoro è stato oggetto di numerose esposizioni personali presso istituzioni pubbliche e private, tra le più recenti: Moderna Museet, Stockholm (2009–2010); Jeu de Paume, Parigi (2009); Kunsthalle Wien (2009); Garage Center for Contemporary Culture, Moscow (2010); MAXXI, Roma (2013), MoCA, Los Angeles (2014), MoMA PS1, New York (2014). Tra le sue performance più rilevanti: "Right You Are (If You Think You Are)" al Solomon R. Guggenheim Museum, New York (2007) e "Ballets Russes Italian Style (The Shortest Musical You Will Never See Again)", Museum of #contemporaryart, Los Angeles (2009) con la partecipazione di Lady Gaga e Frank Gehry. 
I suoi lavori sono stati selezionati tre volte per rappresentare l’Italia alla Biennale di Venezia (2001, 2005 e 2007). Partecipazione a rassegne, quali Istanbul Biennial (1999), Liverpool Biennial (2002), Bienal de Sao Paulo (2004), Prague Biennale (2005), Whitney Biennial (2006), Shanghai Biennial (2006), Taipei Biennial (2006). Tra i suoi ultimi progetti “Prima Donna, A Symphonic Visual Concert” insieme a Rufus Wainwright con la partecipazione di Cindy Sherman, presentato ad Atene nel 2015 e la performance “Fortuna Desperata”, che ha aperto la biennale Performa 15 a New York (2015). #francescovezzoli vive e lavora a Milano.