Cookie Consent by Free Privacy Policy website DANIEL BUREN al Museo Madre, due progetti per celebrare la relazione fra l’istituzione museale e la sua comunità per i dieci anni di attività del museo
ottobre 13, 2015 - Museo MADRE

DANIEL BUREN al Museo Madre, due progetti per celebrare la relazione fra l’istituzione museale e la sua comunità per i dieci anni di attività del museo

Nel corso del 2015 due progetti sono stati appositamente commissionati dal #museomadre all’artista francese #danielburen (Boulogne-Villancourt, 1938), per celebrare la relazione fra l’istituzione museale e la sua comunità, in occasione dei primi dieci anni di attività del Madre. Uno dei massimi artisti contemporanei, Buren è autore di un’opera in cui la valenza visiva è sempre associata a quella teorica e il cui elemento emblematico potrebbe essere riassunto nella comprensione e utilizzo della nozione di in situ: espressione con cui l’artista stesso indica la stringente interrelazione fra i suoi interventi e i luoghi espositivi e urbani in cui essi sono realizzati. I due progetti in situ sono stati realizzati in momenti diversi, concentrandosi sull’area di ingresso e presso la sala Re_PUBBLICA MADRE, entrambi spazi di incontro immediato fra il #museo e il suo pubblico.
Axer / Désaxer. Lavoro in situ, 2015, Madre, #napoli - 2 è costituito da un intervento
di dimensioni architettoniche concepito dall’artista appositamente per l’atrio
del Madre: affacciato in modo obliquo rispetto alla via antistante, l’edificio del #museo viene fatto “ruotare”, dall’intervento dell’artista, per rimettersi in asse verso l’antistante Via Settembrini. Attraverso strisce di marmo bianche e nere di 8,7 (una delle caratteristiche ricorrenti degli interventi in situ dell’artista) il nuovo pavimento dell’ingresso suggerisce un’inedita via di fuga e un potenziale asse prospettico rettilinei all’asse stradale, facendo in modo che il #museo esca da se stesso per abbracciare la città intorno, mentre una struttura-padiglione, composta da superfici colorate e di specchi, riverbera ed esalta questa nuova assonometria immaginaria. In questo modo l’artista agisce sul punto di vista dello spettatore, creando uno spazio di mobilità percettiva e cognitiva, di visione, mediazione, attrazione e comunione reciproche, in cui interno ed esterno, #museo e comunità si compenetrano l’uno nell’altro, fino a confondersi fra loro. Ogni visitatore è così accolto e invitato, letteralmente a colpo d’occhio, a far parte dell’opera e a partecipare attivamente alla relazione che essa celebra fra sfera istituzionale e dinamiche pubbliche.
Come un gioco da bambini. Lavoro in situ, 2014-2015, Madre, #napoli - 1, inaugurato nell’aprile di quest’anno, trasforma invece la grande sala retrostante, al piano terra, in uno spazio di gioco di costruzioni a grandezza reale, un kindergarten (“giardino d’infanzia”) a dimensione ambientale, ottenuto grazie all’assemblaggio di un centinaio di moduli di forme geometriche e colori diversi ispirati ai solidi del pedagogo tedesco Friedrich Wilhelm August Fröbel. Il visitatore, inoltrandosi nell’installazione, si ritrova di fronte, come nell’atrio del #museo appena varcato, a una “realtà in potenza” che gli permette di ricostruire il mondo intorno a sé con un rinnovato stupore e un’infantile meraviglia. L’opera – risultato della collaborazione fra l’artista e l’architetto Patrick Bouchain – si propone come
un sottile dialogo con l’architettura, che diventa quasi viva, performativa, in cui è possibile passeggiare fra cerchi ipnotici (su cui appaiono nuovamente righe bianche e nere di 8,7 cm), archi colorati, torri cilindriche, basamenti quadrati, timpani triangolari, collocati simmetricamente fra loro quasi fossero parte dell’architettura stessa del #museo, e come se, ipoteticamente, fosse possibile ricostruirlo con la propria immaginazione. Quello che appare di fronte all’osservatore è infatti un paesaggio composito, la riproduzione di una vera e propria città in miniatura che mette in relazione la città reale (incorporata, nelle sue forme archetipiche, all’interno del museo) con la città immaginifica che
si innalza di fronte ai nostri occhi. Una vera e propria passeggiata nel colore
che procede dal bianco puro a un caleidoscopio cromatico finale, e che si può attraversare con l’occhio seguendo una ritmica, quanto vertiginosa, prospettiva. Un equilibrato e complessivo “jeu d’enfant” (“gioco da bambini”), da qui deriva il titolo dell’installazione.
Insieme, i due interventi presentati al Madre formano quindi una grande #mostra personale, articolata nel tempo e nello spazio, vera e propria celebrazione pubblica del #museo e di tutti coloro che lo visitano e visiteranno, entrambi elementi integranti, e collaboranti, del concetto di opera in situ. Iscrivere le opere nel contesto in cui sono esposte, relazionarsi alla missione sociale che motiva l’istituzione museale, contrapporre una modernità che non ricerca il contrasto con la sfera urbana o la dimensione storica, ma ne esalta la matrice: questo il significato di queste opere.
Formatosi all’Ecole des Métiers d’Art di Parigi, Buren ha basato la sua ricerca
e la sua produzione, a partire dalla metà degli anni Sessanta, su una stoffa da tende a righe, alternativamente bianche e colorate, dallo spessore standard di 8,7 cm: scelta di rigore e criterio volto all’essenzialità che esplora e mette in questione i limiti della pittura. Più recentemente, a partire dagli anni Ottanta, Buren ha progressivamente accostato – con eccezionale continuità e coerenza nell’approccio plurale al contesto di presentazione in situ dell’opera – la realizzazione di installazioni di formato museale ad installazioni architettoniche in spazi pubblici. Uno dei più influenti esponenti della riflessione storica sulle istituzioni, sviluppatasi fra gli anni Sessanta e Settanta e denominata institutional critique, Buren è profondamente legato alla città di #napoli, dove è intervenuto più volte (a partire dalle sue mostre presso la galleria di Lucio Amelio, nel 1972
e 1974, fino alla #mostra personale al #museo di Capodimonte, nel 1989). Dopo la sua partecipazione ad alcune delle più importanti mostre degli ultimi decenni, da When Attitudes Become Form (1969) a varie edizioni di Documenta (1972-1982), nel 1986 l’artista ha partecipato alla 42° Biennale di Venezia, aggiudicandosi il Leone d’Oro per il miglior Padiglione nazionale. Mostre personali gli sono state dedicate dai più importanti musei del mondo, mentre fra i molti interventi in situ è possibile ricordare Les Deux Plateaux nella corte d’onore del Palais Royal (1986) e Excentrique(s) realizzato, sempre a Parigi, al Grand Palais, in occasione di Monumenta (2012).

DANIEL BUREN
Axer / Désaxer
Lavoro in situ, 2015, Madre, #napoli - 2 ingresso, piano terra
10 ottobre 2015 – 4 luglio 2016
Come un gioco da bambini
lavoro in situ, 2014-2015, Madre, #napoli - 1 Re_PUBBLICA MADRE, piano terra fino al 29 febbraio 2016
A cura di Andrea Viliani, Eugenio Viola